Le antiche vie delle Alpi
Il passaggio attraverso le Alpi, nell 'una e nell 'altra direzione, comportava anticamente il superamento di paure ancestrali.
Lo stesso Annibale dovette rivolgersi al suo esercito per allontanare i timori primordiali e incitare i guerrieri a ritrovare la fiducia in se stessi per affrontare le difficoltà del percorso:
“Che cosa credete, che le Alpi siano diverse dalle altre montagne? Anche ad immaginarsele più alte della catena pirenaica, in effetti nessuna terra giunge fino al cielo, e non ce n 'è che gli uomini non possano scalare...I passi sono dunque superabili anche da un esercito...”
La conquista dell 'ambiente alpino e la delineazione dei tracciati dovette, nei tempi antichi, arrivare a patti con le entità e i miti che lo abitavano.
Ne sono una testimonianza le infinite coppelle, le incisioni antropomorfe e i numerosi graffiti rinvenuti su tutto l' arco alpino, oltre alle molte leggende e ai riti che si perdono nella notte dei tempi.
Su tutto l 'arco alpino si era formata una complessa trama di percorsi che si dirigevano in ogni direzione, ad una altitudine maggiore di quella attuale. Percorsi che cambieranno verso il 1500, quando i ghiacciai riconquisteranno ampie aree verso il basso, cancellando molte località ed insediamenti.
Lo dimostra il ritrovamento di armi ed atrezzi utilizzati duemila anni prima della nascita di Cristo che sono stati ritrovati a 2500 metri di altitudine, come località dove veniva lavorata la pietra ollare prima dell' epoca romana. Ad esempio al Passo del Teodulo, sul Monte Rosa, sono state ritrovate numerose monete romane, probabili offerte votive alle divinità del passo.
Una ulteriore testimonianza dell' utilizzo di questa via in periodo romano è il rinvenimento di un lungo tratto di lastroni segnati dall azione delle ruote. Sorprendente è la quota del passo: 3000 metri.
L' ambiente alpino è stato spesso relegato in una categoria particolare, molto diverso da quello delle pianure più in basso, un ambiente che durava solo per il tempo del passaggio.
Soltanto negli ultimi decenni si considera il microcosmo alpino come cerniera essenziale tra nord e sud, come serbatoio di tradizioni, costumi e lingue e come riserva sociale, economica, culturale. Un ambiente molto vario come struttura, soprattutto se lo consideriamo come continuazione e raccordo naturale di percorsi che uniscono culture diverse e luoghi anche tra loro molto lontani del continente europeo.
Dal nord dell' Europa ci si dirigeva verso la penisola italiana puntando su Basilea, avendo il fiume Reno come compagno di viaggio. Ci sono molte documentazioni a riguardo, riferite da storici e viaggiatori che ci hanno descritto di soldati, mercanti e vagabondi che sceglievano le strade alpine con i loro passi innevati e pericolosi, conosciuti solo dagli uomini selvatici del posto, dagli eremiti, dagli orsi e dalle volpi e i cui cieli erano controllati dalle aquile.
Gli itinerari erano molto antichi: il Gran San Bernardo, il Sempione, il San Gottardo, il San Bernardino, il Brennero.
Valichi superati già in epoca romana con soldati e convogli, incolonnati su percorsi non sempre lastricati e sempre sotto la minaccia di crolli, di corsi d 'acqua ingrossati e tumultuosi, di frane e valanghe.
Spesso si avanzava a dorso di mulo accanto a baratri che toglievano il respiro. I carri per proseguire dovevano essere imbragati, sollevati ed abbassati dalla forza di un argano. Era questo il momento più solenne e pericoloso di tutto il viaggio perché i carri restavano, per alcuni attimi sospesi sullo strapiombo. Molte volte le funi hanno ceduto e tutto si è frantumato al fondo del baratro con la disperazione di mercanti e servi.
Solo verso la metà del 500 s aprirono strade e sentieri nella roccia che permisero alle carovane di avanzare in modo più sicuro e spedito.
Nelle valli più strette, il percorso era controllato dai signori dei castelli e dagli addetti alle stazioni di dazio, a volte non mancavano predoni e banditi.
Il Gran San Bernardo era la più antica ed importante via di comunicazione del passato. Per il superamento del passo di militari, pellegrini e mercanti era indispensabile la presenza di una guida ed era comunque un percorso ad alto rischio in qualunque stagione.
Molti religiosi preferirono passare l' inverno nei villaggi sotto la neve piuttosto che affrontare i pericolosi ed infidi sentieri di questo territorio.
Il Gran San Bernardo, resterà la via prediletta per l' emigrazione verso l'Europa, fino al 1700. Migliaia furono i muratori, peltrai, mercanti, balie, donne e bambini che valicarono queste montagne alla ricerca anche solo di un boccone di pane. Pochissimi furono coloro che trovarono fortuna, molti invece quelli che caddero stremati dal lungo viaggio o quelli che finirono nei vicoli delle città europee.
La percorribilità del Passo del Gottardo aumentò la rivalità commerciale tra Genova, Milano e Venezia per il possesso ed il controllo dei mercati continentali. Le vie italiane erano due: il Gottardo e il Brennero, le due grandi porte verso il nord dell 'Europa.
I convogli carichi di mercanzie, di seta, di vetri, di frutta ed altre merci salivano lentamente i sentieri che si arrampicavano su questi monti.
Il superamento del Gottardo presentava grosse difficoltà. I problemi maggiori si incontravano al Ponte del Diavolo e nella gola del Kilchberg dove fino al 1707 il traffico era costretto a passare dalla stretta galleria di legno, sospesa all' esterno della parete rocciosa. In questo punto si comprendeva che cosa fosse il vuoto e il precipitare sulle rocce sottostanti. Si narra che sul fondo giacessero le carcasse di molti muli e asini imbizzarriti che si erano lasciati cadere nella gola, infestata dai fantasmi e dove il vento creava sibili mostruosi.
Era la gola dove secondo certe credenze avevano origine la neve e la pioggia.
Per le Alpi centrali, nel tardo medioevo, assunse una grande importanza il Passo del Sempione, quando i mercanti lombardi poterono disporre di magazzini e depositi lungo il percorso.
Oltre a questa via bisogna riportare quella che risaliva la Valle Antigorio, quella della Valle Anzasca che superava il Monte Moro, la via tra l 'Ossola e il Vallese dove già nel XIII secolo si ritrova l 'appellativo Lombardus riferito a commercianti o coloni di origine italiana.